Descrizione
Di seguito pubblichiamo i brani letti durante le celebrazioni dell'anniversario della Liberazione a Seveso in Piazza IV Novembre, a partire da quello conclusivo del Sindaco.
"Benvenuti a tutti
Grazie a tutte le forze dell’ordine qui presenti, alla Polizia Locale, alla banda La Cittadina, alla Protezione Civile, agli Alpini, all’Amministrazione, a tutti voi cittadini e cittadine.
Ringrazio Beatrice Marzorati per le emozioni che ci ha trasmesso nell’interpretare chi davvero la Resistenza l’ha vissuta.
Oggi 25 aprile siamo qui riuniti, insieme, per celebrare la Festa nazionale della Liberazione, una festa per non dimenticare ciò che è accaduto e ricordare gli orrori dei totalitarismi e della soppressione della libertà. Una festa di tutti gli italiani che deve unire e non dividere, che deve far ritrovare ogni anno il fondamento di una storia comune.
Oggi non è il giorno della politica, ma il giorno della riconoscenza verso quei patrioti che si sono battuti perché l’Italia tornasse libera. Oggi celebriamo la liberazione, la riconquista della libertà di cui noi siamo abituati e spesso diamo per scontato.
Quella libertà che è un diritto di tutti, un diritto naturale, voluta e scelta da italiani che misero a rischio la propria sicurezza e molti sacrificarono la propria vita per salvare altre vite innocenti. È la storia di tanti, di molti. E’ la storia dei nostri militari, È la storia di tanti cittadini comuni e sconosciuti, uomini, donne, militari, anziani, giovani, appartenenti a differenti classi sociali, politici e apolitici a sacrificare la vita per la libertà e la dignità dell’Italia.
Celebrare il 25 aprile vuole dire ripensare ai valori della Costituzione, riflettere sull’identità nazionale, sul giorno che segna la fine della guerra, giorno in cui l’Italia diede una svolta alla sua storia dopo una tragedia che sconvolse la nostra nazione, la guerra, appunto, la guerra contro il fascismo squadrista verso tutti i partiti avversari e infine la guerra civile esplosa dopo l’8 settembre 1943.
Oggi ringraziamo tutti i giovani dei tanti paesi alleati, che combatterono per l’Italia affinché il sacrificio dei partigiani e di tutti non fosse reso vano, il sacrificio di tutti coloro che insieme alla Resistenza hanno combattuto fianco a fianco: circa 600.000 soldati italiani deportati nei campi di concentramento tedeschi per aver rifiutato di aderire al governo fascista di Salò, ricordiamo le migliaia di morti tra le fila della Resistenza.
Ricordiamo l'Arma dei Carabinieri che, insieme alla Resistenza, affrontò la Guerra di Liberazione, uno dei periodi più difficili della storia italiana, confermando la sua fedeltà alle Istituzioni dello Stato. Al termine del conflitto all’appello non risposero 2.735 militari, caduti in soli venti mesi di lotta partigiana; 6.521 risultarono i feriti.
Ricordiamo le donne, migliaia donne che dal 1943 al 1945 parteciparono alle azioni di guerriglia partigiana per liberare l’Italia dal nazifascismo arrestate, torturate, condannate, fucilate, impiccate o cadute in combattimento, oppure deportate in Germania perché sognavano per loro e per i loro figli un Paese libero dall’autoritarismo fascista.
Un impegno, quello delle donne resistenti, per anni nascosto dalla narrazione di una resistenza maschile e maschilista. È il fenomeno della “resistenza taciuta” con il prolungato silenzio sul ruolo rivestito da migliaia di donne, praticamente ignorate dalla storiografia. Gradualmente e per fortuna, negli ultimi trent’anni molte storie di donne impegnate nella lotta al nazifascismo sono venute alla luce, sotto il segno della “resistenza civile” che non può essere disgiunta dalla “resistenza armata”
Ricordiamo poi il ruolo della Chiesa che, riprendendo le parole di Monsignor Assi, aiutò alla nascita della Resistenza e trovò forza all’interno delle parrocchie, come il risultato obiettivo di un’educazione religiosa e civile che si protendeva nella difesa dei valori cristiani negati o distorti dalle tendenze esclusiviste e totalitarie del fascismo
Per questo, oggi, abbiamo voluto rendere omaggio ai nostri caduti celebrando la santa messa qui, davanti al monumento dei caduti che ci ricordano come tutti seppero accantonare le differenze, anche le più profonde, per combattere insieme. Comunisti, cattolici, socialisti, liberali, monarchici, di fronte a un dramma comune, ciascuno contribuì con le proprie forze e fece la sua parte per conquistare la libertà.
Ricordiamo le tante storie individuali e il contributo degli alpini nella lotta partigiana che si fuse con quello delle migliaia di italiani e italiane che affrontarono le rappresaglie tedesche, uniti nella Resistenza.
Oggi riflettiamo sulla nostra libertà, che nel passato è stata conquistata con sacrificio dai nostri avi, che nel presente è garantita da tutte le forze militare, che nel futuro dovremo custodirla con coraggio, insieme. Dobbiamo essere consapevoli che senza libertà non vi può essere né pace, né giustizia, né benessere.
Per questo i nostri giovani dovranno continuamente ricordarsi della storia e affrontare sfide a fianco dei Paesi liberi per combattere ogni forma che precluda alla libertà: il terrorismo, l’integralismo fanatico e liberticida, il razzismo
E se il 25 aprile celebriamo la giornata della liberazione in memoria di chi si è sacrificato, oggi, non solo onoriamo tutti i soldati italiani impegnati nelle missioni di pace all’estero, molti caduti in nome della libertà di diritto dei popoli, e ringraziamo con orgoglio tutte le forze dell’ordine e militari che con abnegazione e sacrificio sul nostro territorio italiano rischiano quotidianamente la vita per ognuno di noi, garantendo quella libertà non scontata.
Ignobile colui che, incontrandomi, rinnega i rappresentanti delle nostre forze armate e di sicurezza, anche internazionali, affermando che l’essere nell’esercito è perché è stato trovato solo quel lavoro che dà uno stipendio. Onoriamo questi uomini e donne in uniforme che hanno giurato lealtà alla costituzione in nome della democrazia e della libertà.
Viva l’Italia libera
Viva la libertà
Prima di augurarvi un buon 25 Aprile vorrei soffermarmi su quanto oggi più che mai, in questo momento storico, abbiamo bisogno di positività, di sicurezza anche morale, di partecipazione civile e sociale, di persone vere e leali che hanno fatto e fanno della loro vita una missione al servizio della nostra comunità di Seveso. Per questi e altri motivi che saranno indicati alla messa solenne di domenica 5 maggio, e vi invito tutti, sono commossa nell’annunciare che quest’anno la Giunta all’unanimità ha deciso di assegnare il Sampietrino d’oro al Gruppo Alpini, sezione di Seveso.
Buon 25 aprile
“Memorie della Resistenza”, letture e testimonianze partigiane durante la guerra civile (1943/45). (brani letti da Beatrice Marzorati)
I due anni che vanno dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 rappresentano un momento cruciale della Storia d’Italia. Sono gli anni della guerra mondiale, con truppe straniere che occupano la penisola. Sono gli anni della guerra civile, con lo scontro tra italiani di diverso orientamento. Sono gli anni della guerra di liberazione, in cui si combatte contro il nazifascismo per far nascere un paese democratico e libero.
Quelle che seguono sono le parole di partigiani e partigiane che hanno scelto di stare dalla parte giusta della Storia. E dove, in tanti, hanno donato il bene più prezioso. La propria Vita.
Dal foglio clandestino “Noi Donne” del gennaio 1945:
“Vogliamo che tutti sappiano chi siamo e come siamo, vogliamo che tutti sappiano che partigiani non sono soltanto i giovani che insorgono contro l’arbitrio nazi-fascista, per sottrarsi ad imposizioni di violenze e di sangue. Ma tutti combattenti per un’idea che non si è spenta, ma chiarificata, maggiormente illuminata in oltre vent’anni di oppressione, di carcere politico e di emigrazione. E vogliamo che si sappia delle donne partigiane. Siamo sorelle, spose, madri, donne come tutte le donne del mondo. Noi non siamo le vivandiere di un allegro esercito di predoni e di avventurieri, ma dividiamo con loro tutti i disagi. Quando la sera ci avvolgiamo nella nostra coperta sulla paglia della nostra baita, accanto ai nostri fratelli, prima che gli occhi si chiudano nel pesante sonno della stanchezza, i nostri discorsi sono discorsi di tutta la gente libera, amante della libertà, discorsi che preparano il nostro faticoso lavoro del domani, e i nostri sogni sono quelli di tutte le donne che vogliono una vita utile e sana, sogni di un focolare caldo e accogliente, e d’un lavoro dignitoso insieme a una famiglia felice e una società di uomini liberi.”
Laura Conti, arrestata il 4 luglio 1944, imprigionata a San Vittore e poi internata a Bolzano.
”C’è una impossibilità di sovrapporre la misura del coraggio con la misura della maturità. Ci può essere coraggio anche là dove la presa di coscienza non c’è. E io credo che ci sia stato più coraggio, nelle donne della Resistenza, che consapevolezza. Perché per avere coraggio la coscienza precisa dei fenomeni non è indispensabile: si può avere coraggio anche per aiutare gli altri, e non solo per vivere la propria vita.
L’impressione che ho delle donne della Resistenza che ho conosciuto – e ne ho conosciute molte, perché quando sono stata portata nel campo di internamento di Bolzano vi ho trovato parecchie centinaia di donne della Resistenza - è che le studentesse (cioè quelle che venivano dal ceto medio, dalla piccola borghesia, e che si stavano guadagnando, nonostante l’ideologia fascista, un ruolo più avanzato di quello delle loro madri), avevano coscienza che si stavano battendo anche per gli altri, per la libertà di tutti, oltre che per la propria, iscrivendo i propri progetti di vita personale in un progetto più generale di democrazia e di libertà. Ma le altre donne – la maggior parte erano contadine - si erano lanciate in questa battaglia in cui avevano avuto molto coraggio, non tanto per i propri progetti personali quanto per i progetti altrui. Cioè per proteggere i ragazzi che erano bersagliati dalle bande fasciste, per proteggere i prigionieri evasi, per proteggere gli ebrei. Ho l’impressione che la grande massa delle donne contadine abbia partecipato alla Resistenza e abbia trovato il coraggio di farlo, proprio perché questo coraggio andava a vantaggio di altri. Vale a dire il ruolo materno che la cultura tradizionale assegnava alla donna, quello di sacrificarsi per gli altri, le aveva permeate così profondamente che persino le permeava nella più spericolata e audace delle battaglie.”
Dagli stralci del testamento del quarantaseienne ingegnere Pier Luigi Mazzoletti, condannato a morte il 13 settembre da un tribunale di guerra germanico e fucilato a Cormons il 2 ottobre 1944:
"Io muoio per non essere stato egoista: se lo fossi stato, sarei rimasto presso di te e i nostri figli e non sarei ucciso.
Saluta tutti i miei amici e di’ loro che muoio per l’Italia che ho sempre amato al di sopra di ogni partito. Desidererei solo che gli Italiani dopo questa guerra formassero un tutto unito, senza stupide lotte intestine che fanno solo il giuoco dei nostri nemici. Bisogna costruire e non distruggere: amare e non odiare. Lavorare per il bene singolo e comune…".
Giancarlo Puecher Passavalli. Di anni 20. Studente universitario. Viene fucilato il 21 dicembre del 1943. Ecco le sue ultime parole:
"Muoio per la mia patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato. Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni.
Iddio mi ha voluto, accetto con rassegnazione il suo volere. [..]
Non piangetemi, ma ricordatemi a coloro che mi vollero bene e mi stimarono. Viva l’Italia.
Raggiungo con cristiana rassegnazione la mia mamma che santamente mi educò e mi protesse nei vent’anni della mia vita.
L’amavo troppo la mia patria, non la tradite e voi tutti giovani d’Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale.
Perdono a coloro che mi giustiziano, perché non sanno quello che fanno e non pensano che l’uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia".
Riccardo Gatto di anni 29. Chiamato alle armi come sottoufficiale degli Alpini, dopo l’armistizio si collega con gruppi di partigiani torinesi e nel maggio 1944 entra a far parte della quinta divisione “Giustizia e Libertà”. Arrestato il 4 febbraio del 1945, viene fucilato il 6 marzo 1945.
Scrive ai genitori:
"Cari Genitori,
è giunta la mia ora, sono stato condannato questa sera alla pena capitale. Fra poche ore avremo finito la nostra tribolata odissea. Sono stato condannato perché sono partigiano. Muoio col cuore sicuro di aver fatto il mio dovere lealmente.
Coraggio a tutti quanti ed in special modo a voi, cara mamma e caro babbo; ho seguito la mia idea e, sebbene questo sia un duro colpo per voi tutti bisogna armarsi di coraggio e superare…
Serbatelo per mio ricordo
Riccardo"
Concludiamo queste testimonianze con le ultime parole di Irma Marchiani. 33 anni. Partigiana, catturata dai tedeschi e fucilata a Pavullo il 26 novembre 1944. Scrive alla sorella:
"Mia adorata Pally, sono gli ultimi istanti della mia vita. Pally adorata ti dico a te saluta e bacia tutti quelli che mi ricorderanno. Credimi non ho mai fatto nessuna cosa che potesse offendere il nostro nome. Ho sentito il richiamo della Patria per la quale ho combattuto, ora sono qui…fra poco non sarò più. Muoio sicura di aver fatto quanto mi era possibile affinché la libertà trionfasse".
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Ultimo aggiornamento: 7 maggio 2024, 09:51